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La commemorazione di Craxi e l'importanza dei princípi



Pagina pubblicata il 23 gennaio 2010

Indice


Alla pagina generale sulla politica italiana


La riabilitazione?

Il 19 gennaio 2010 si è svolta, presso il Senato della Repubblica, una commemorazione della figura del defunto leader politico Bettino (Benedetto) Craxi, morto ad Hammamet nel 2000. Hanno partecipato, tra gli altri, il presidente del Senato Renato Schifani, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, i ministri Renato Brunetta, Franco Frattini e Maurizio Sacconi.

Craxi trascorse i suoi ultimi anni in Tunisia per non finire in carcere, dato che era stato condannato in via definitiva per diversi reati. Il riassunto della sua posizione giudiziaria, tratto da Wikipedia, è riportato nella tabella.

Condanne passate in giudicato:
5 anni e 6 mesi per corruzione nel processo Eni-Sai il 12 novembre 1996;
4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito per le mazzette della metropolitana milanese il 20 aprile 1999.

Per tutti gli altri processi in cui era imputato (alcuni dei quali in secondo o in terzo grado di giudizio), è stata pronunciata sentenza di estinzione del reato a causa del decesso dell'imputato.
Fino a quel momento Craxi era stato condannato a:
4 anni e una multa di 20 miliardi di lire in primo grado per il caso All Iberian il 13 luglio 1998, pena poi prescritta in appello il 26 ottobre 1999.
5 anni e 5 mesi in primo grado per tangenti Enel il 22 gennaio 1999;
5 anni e 9 mesi in appello per il conto protezione, sentenza poi annullata dalla Cassazione con rinvio il 15 giugno 1999;
3 anni in appello bis per il caso Enimont il 1° ottobre 1999;

Craxi fu anche rinviato a giudizio il 25 marzo 1998 per i fondi neri Montedison[94] e il 30 novembre 1998 per i fondi neri Eni.

Sicuramente Craxi fu il politico di più alto rango, essendo stato segretario del Partito Socialista e più volte presidente del Consiglio dei ministri, tra coloro che furono condannati in seguito alle numerose inchieste giudiziarie raggruppate sotto la generale denominazione giornalistica di Tangentopoli o "Mani Pulite", che segnarono nei primi anni '90 del secolo scorso una netta cesura nella politica italiana. Si usa dire che finì la "Prima Repubblica" e cominciò la Seconda, anche se questo modo di esprimersi è improprio, dato che non vi fu alcun cambiamento nelle istituzioni dello Stato. Cambiò invece molto il sistema dei partiti, molti importanti esponenti politici furono messi sotto processo e parecchi condannati - e qualcuno fuggì all'estero.

Fu senz'altro un personaggio importante nella storia italiana: il più significativo presidente del Consiglio non democristiano della Prima Repubblica, colui che trasformò completamente il Partito Socialista, aprì la strada a Silvio Berlusconi, fu protagonista di un caso pressoché unico nella storia italiana del dopoguerra, quando impedì alle forze americane di portare via quattro terroristi palestinesi ed il leader di al-Fath Abu Abbas, il cui aereo era stato dirottato da caccia americani sulla base siciliana di Sigonella, dove Carabinieri e Delta Force si affrontarono armi in pugno e si giunse al rischio di una sparatoria.

Tuttavia commemorarlo in Senato sembra del tutto fuori luogo e nell'attuale momento storico di delegittimazione reciproca dei poteri dello Stato viene ad essere una vera e propria provocazione, a favore della tesi dell'attuale presidente del Consiglio che i politici eletti siano al di sopra di qualunque giudizio che non sia quello del "popolo" inteso come elettorato. Un concetto eversivo e antidemocratico, che proviene direttamente dalle basi ideali delle dittature populistiche: in uno Stato di diritto i governanti sono soggetti alla legge e non superiori ad essa.

Il giudizio storico sulla figura di Craxi non può ancora essere dato quando al governo c'è un suo epigono, l'uomo che grazie al consenso ed all'aiuto fattivo di Craxi creò il suo impero televisivo e pose le premesse del suo ingresso in politica. Commemorarlo in una sede del Parlamento è una patente offesa al principio di legalità, perché per lo Stato italiano il sig. Benedetto Craxi era un condannato latitante. La dovuta compassione per lui stesso ed i suoi familiari si può e si deve esercitare in altra sede, non presso le istituzioni dello Stato che lo condannò.

Stupisce che il presidente della Repubblica Napolitano in un suo comunicato abbia inviato una lettera aperta alla vedova in cui pubblicamente dichiara, nella sua veste istituzionale, in cui afferma tra l'altro che "Non può ... venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità dell'on. Craxi sanzionate per via giudiziaria la considerazione complessiva della sua figura di leader politico, e di uomo di governo impegnato nella guida dell'Esecutivo e nella rappresentanza dell'Italia sul terreno delle relazioni internazionali". Se questo è vero da un punto di vista generale, è importante il contesto in cui l'affermazione si inquadra: la commemorazione del personaggio in una sede istituzionale. Meglio avrebbe fatto il Presidente a scrivere solo privatamente e non pubblicare un ampio stralcio della lettera.

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Questione di princípi

Uno dei mali più gravi dell'Italia di oggi è il completo smarrimento del principio di legalità e del rispetto delle leggi e delle istituzioni. E' profondamente radicata nella maggioranza degli italiani la convinzione che le regole si applicano soltanto quando fa comodo e quando sono d'intralcio devono essere interpretate tendenziosamente, aggirate o semplicemente ignorate. Così come le istituzioni non godono del benché minimo rispetto, tranne quando possono fare qualcosa a proprio favore. Si ritiene normale che alti esponenti di governo e parlamento esprimano disprezzo per l'ordine giudiziario e ritengano necessario porre la magistratura sotto il loro controllo.

In questo contesto, riabilitare un politico condannato per corruzione equivale ad assolvere l'intera classe politica da qualunque accusa, affermando il principio che gli eletti dai cittadini sono immuni da qualsiasi obbligo e soggezione alla legge. E si noti che eletti dai cittadini non sono poi molto, gli attuali politici, a causa dell'orrida legge elettorale in vigore basata su liste bloccate e premi di maggioranza, legge che toglie ai cittadini qualsiasi possibilità concreta di scegliere davvero i loro rappresentanti in Parlamento.

Ho ricordato l'episodio di Sigonella per vari motivi - tra cui il fatto che il presidente del Consiglio Craxi in quell'occasione difese il principio della legalità contro la prevaricazione di una potenza alleata ma straniera. Poteva scegliere di accondiscendere alle richieste del presidente Reagan e lasciare che le forze speciali americane portassero via i palestinesi che si trovavano sull'aereo che i caccia americani avevano intercettato e costretto ad atterrare in territorio italiano. I terroristi erano accusati del dirottamento della nave italiana Achille Lauro, quindi non solo si trovavano su territorio italiano ma erano accusati di un grave reato commesso sul nostro territorio (qual è una nave in qualunque parte del mondo si trovi). A norma di legge dovevano essere arrestati e trattenuti dalle autorità italiane e non potevano essere consegnati a forze straniere. I due altri esponenti palestinesi presenti sull'aereo non erano al momento sotto accusa e govedano della protezione diplomatica egiziana... quindi l'operato delle autorità italiane, che trattennero i quattro autori del dirottamento della nave e liberarono gli altri, fu formalmente corretto.

Ritengo che in quell'occasione il governo italiano abbia operato in modo giusto, difendendo il principio di legalità contro la pretesa americana di ignorare leggi e principi diplomatici in base al semplice diritto del più forte. Fu una posizione forte e significativa, tanto che si può addirittura pensare che l'operato di Craxi, che portò alla caduta del suo governo, abbia influito negativamente sulle sue vicende successive.

Bettino Craxi rimane una figura controversa, la cui eventuale riabilitazione non si può escludere nel giusto contesto. E' tragicamente ironico che l'unico capo di governo italiano che abbia mandato forze italiane a difendere a mano armata le leggi e gli interessi dell'Italia contro gli Stati Uniti sia oggi strumentalizzato contro il principio di legalità, che egli difese in condizioni estreme. Forse il miglior modo per portare il dovuto rispetto alla sua memoria, oggi, è non coinvolgerlo nello squallore in cui è caduta la nostra repubblica. Lasciamo il giudizio politico generale sulla sua figura ad un'epoca che possa valutarla col dovuto distacco.

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