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Condizionatori e brioches



Pagina pubblicata la prima volta il 24 aprile 2022

Condizionatore e brioche

Indice

Alla pagina indice sulle guerre in Europa

Vedere anche Guerra in Ucraina


Volete la pace o il condizionatore acceso?

Nella guerra che, ahimè, si sta svolgendo in Ucraina, come in tutte le guerre, oltre a quelle che si svolgono sul campo c'è la battaglia della propaganda. Traiamo spunto da un episodio recente che ha destato molto rumore: il 6 aprile scorso il presidente del Consiglio Draghi ha pronunciato la famosa frase "Preferiamo la pace o il condizionatore acceso? Questa è la domanda che ci dobbiamo porre". Ci sono state infinite discussioni sul tema e sicuramente questo sito arriva in grande ritardo, ma chi lo cura fa altro nella vita e comunque preferisce che si parli con calma e prendendo il tempo dovuto - esattamente l'opposto di quanto suggerirebbe il mondo contemporaneo, basato sulla reazione immediata a parole ed eventi.

Analizziamo dunque la frase in dettaglio, per capirne i vari significati.

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Far funzionare o no i condizionatori ovvero dell'energia

Cominciamo a parlare della metà della frase che riguarda i condizionatori, esaminando il problema reale.

Il tema sottostante è un possibile embargo delle forniture energetiche dalla Russia. Notoriamente l'Italia dipende fortemente dalle forniture russe di petrolio e di gas naturale. Un eventuale embargo ci causerebbe notevoli problemi. L'Italia ha una modesta produzione nazionale, assolutamente insufficiente per le sue necessità e tra l'altro ormai declinante, visto che si è scelto di non sfruttare ulteriormente le riserve di cui pur disponiamo. Su questo tema si dovrà ritornare, ma fermiamoci alla gestione della situazione attuale.

Per quanto riguarda il petrolio, si deve considerare che esso ci arriva essenzialmente per nave, il che consente una notevole flessibilità nella scelta del paese di provenienza. Restano naturalmente i problemi della disponibilità e del prezzo della risorsa ed anche quello della disponibilità di petroliere. Un embargo petrolifero alla Russia ci costerebbe in termini economici e potrebbe metterci in difficoltà anche solo nel reperire la quantità necessaria sul mercato internazionale, sempre che non vengano sbloccate le forniture da altri paesi oggi sotto sanzione, come l'Iran.

Per il gas la situazione è assai più critica. Qui si trovano i dati ARERA sulla provenienza del gas. La maggior parte del gas arriva in Italia tramite i gasdotti. La capacità di importarlo tramite nave è legata alla disponibilità di rigassificatori, perché il gas naturale si può trasportare via nave soltanto in forma liquefatta a -162°C (il che riduce il suo volume di 600 volte, rendendo le dimensioni dei serbatoi ragionevoli rispetto alla quantità d gas da trasportare) su navi speciali dette metaniere. Un terminale di rigassificazione o più brevemente rigassificatore serve a scaricare il gas liquefatto dalla nave, immagazzinarlo localmente per consentire la continuità dell'erogazione alla rete e poi ritrasformarlo in forma gassosa e comprimerlo alla pressione di rete per consntirne il trasporto e la distribuzione nella rete nazionale.

Mi risulta che in Italia ci siano soltanto tre impianti di questo tipo in attività, di cui soltanto uno di grandi dimensioni (Adriatic LNG, un impianto offshore davanti alla foce del Po). Questi impianti stanno già lavorando tutti vicino alla loro massima capacità, che comunque in totale è meno di un tezo della quantità di gas che importiamo dalla Russia. Quindi per sostituire il gas russo con il gas liquefatto dovremmo moltiplicare per quattro la capacità di rigassificazione.

In Italia ci sono pochi rigassificatori essenzialmente per via dell'effetto NIMBY (Not In My BackYard=Non nel mio cortile): ogni volta che si progetta di farne uno nasce il comitato no rigassificatore, le istituzioni locali se ne fanno influenzare, il comitato ricorre alla magistratura, a volte inteviene la soprintendenza alle belle arti e alla fine non se ne fa niente. Vedere anche su questo sito l'articolo "Nimbya".

In ogni caso scarseggiano pure le navi metaniere e il prezzo del gas liquefatto è molto più alto di quello che ci fa la Russia. Gli Stati Uniti dicono di poterci fornire il gas che ci serve ma non è vero, la loro disponibilità non è sufficiente. Il Qatar potrebbe ma c'è da vedere a che prezzo.

Insomma la maggior parte del gas ci arriva con i metanodotti, che sono impianti fissi e ci collegano solo a certi fornitori. Un possibile aumento delle forniture non russe può arrivare soltanto via tubo, in tempi brevi. Recentemente è entrato in servizio un metanodotto nuovo, il TAP, anch'esso avversato dai comitati NIMBY ma alla fine realizzato perché le pressioni politiche internazionali a suo favore erano troppo forti (sorvoliamo perché ci sarebbe motivo di parlarne a lungo). Esso ci collega ai pozzi dell'Azerbaigian passando attraverso i Balcani e la Turchia, ma non consente ulteriori incrementi a breve, anche se se ne progetta già il potenziamento. Resta da vedere quanto gas l'Azerbaigian può fornire.

Altra fonte è il Mare del Nord, in pratica l'Olanda, ma i suoi giacimenti si stanno esaurendo. Resta soltanto il Nordafrica, in pratica solo l'Algeria vista la situazione della Libia. Tra l'altro, la disastrosa situazione di quest'ultima è stata causata dalla destabilizzazione del regime di Gheddafi e dal suo assassinio, voluti dall'ex presidente francese Sarkozy e ambienti francesi.

L'Algeria però, per problemi suoi, non può aumentare le sue forniture di gas in quantità sufficiente. In tempi ragionevoli può sostituire solo una parte minore della fornitura russa.

Ora, il gas naturale è la principale fonte energetica per l'Italia: circa la metà dell'energia elettrica è prodotta col gas (dati ARERA), che poi è fondamentale per l'industria, il riscaldamento domestico e altro - qui si trovano i dati sul suo impiego.

Si può dire giustamente che la dipendenza italiana dal gas è eccessiva e che occorrerebbe sostituirlo con altre fonti, in particolare fonti rinnovabili per diminuire la produzione di gas serra e garantire il futuro. Ma i tempi necessari per questa sostituzione si misurano in decenni. Su qualunque soluzione pesa sempre, oltre ai tempi tecnici, l'effetto NIMBY: ogni tipo di impianto, inclusi quelli per generare energia elettrica da fonti come il Sole e il vento, è soggetto all'opposizione dei no questo, no quello, no tutto. In effetti il tempo necessario per ottenere l'autorizzazione di qualsiasi infrastruttura energetica in Italia può arrivare a 10-15 anni, sempre che arrivi. Questo vale, come dicevo, anche per gli impianti a energia rinnovabile.

Insomma, il gas russo è insostituibile, se non su tempi molto lunghi (parecchi anni), necessari per costruire impianti di rigassificazione e gasdotti, perché i fornitori alternativi si attrezzino per aumentare la loro produzione o per realizzare la transizione verso altre fonti energetiche.

In conclusione, non si tratta di avere i condizionatori funzionanti ma di garantire una parte essenziale dell'energia di cui la nazione ha bisogno.

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La pace tramite l'embargo energetico

L'altra parte dell'affermazione riguarda il fatto che la pace sia ottenibile applicando un embargo delle forniture energetiche dalla Russia

Qui non possiamo fare riferimento a dati oggettivi ma dobbiamo ragionare sull'argomento. Potremmo quasi dire che non è necessario, perché abbiamo già mostrato che non possiamo rinunciare alle forniture energetiche della Russia, ma per completezza approfondiamo anche questo lato della contrapposizione.

Per essere precisi, la pace è solo un effetto sperato. Il provvedimento concreto sarebbe un embargo, che per sua natura è un atto di guerra economica, non un atto pacifico. Stiamo parlando di combattere a fianco dell'Ucraina in forma non militare ma economica. Il risultato non può essere dato per scontato.

Ho visto un'obiezione alla natura di sanzioni ed embarghi, in base alla quale, siccome in un libero mercato si compra da chi si vuole, decidere di non comprare da un certo fornitore non è un atto ostile ma una semplice scelta. Ma non è assolutamente vero: sanzioni ed embarghi sono obblighi posti dall'autorità politica nei confronti degli operatori economici, quindi limitazioni del libero mercato. Il termine "libero mercato" significa appunto comprare e vendere in base a considerazioni puramente economiche: nel momento in cui entrano considerazioni politiche o perfino etiche usciamo dal libero mercato ed entriamo in un'altra sfera, quella che i liberisti appunto aborriscono, vale a dire il controllo della politica sull'economia. Se quando devo decidere da chi comprare devo consultare le leggi e le direttive sulle sanzioni, mi trovo in quello che è esattamente l'opposto del libero mercato.

Definire "pace" l'embargo energetico è del tutto errato: al contrario, è un atto di guerra economica. Che possa portare alla pace è un'affermazione politica, sicuramente molto discutibile. Si può ragionevolmente sostenere che in presenza di ulteriori atti di ostilità la Russia a sua volta aumenterebbe ulteriormente la violenza del suo intervento, portando conseguenza ancora più gravi sul piano umanitario. La pace si ottiene abbassando il livello dello scontro, non alzandolo. Alzarlo significa mirare non alla pace ma alla vittoria, quindi prendere parte alla guerra come parte belligerante.

In conclusione, l'alternativa ai "condizionatori funzionanti" non è la pace ma la guerra.

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Una valutazione: condizionatori e brioches

Riprendendo in considerazione la frase:"Preferiamo la pace o il condizionatore acceso?", sulla base di quanto abbiamo esposto sopra, possiamo dire che:

  1. non si tratta di pace ma di guerra (economica)
  2. non si tratta di avere il condizionatore acceso ma l'Italia funzionante

Il primo trucco retorico è nell'inversione dei termini: si dà per scontato che alzando il livello dello scontro si possa indurre la Russia ad arrendersi e che quindi un ulteriore atto di ostilità verso di essa possa portare alla pace. Insomma che si vuole portare la Russia alla resa tramite atti ostili, vale a dire la guerra. Il risultato non è certo, l'atto in sé invece è ostile, quindi parliamo di guerra e non di pace. Parlare di pace è un artificio per giustificare le proprie azioni - proprio quello che fa, dal suo lato, lo stesso Putin, che sostiene di difendere un interesse legittimo di popolazioni etnicamente russe contro forze nazifasciste (i nazionalisti ucraini idealmente discendenti di Stepan Bandera) che devono essere costrette alla resa, e si rifiuta di chiamare guerra ciò che sta facendo.

Il secondo trucco sta nel parlare di condizionatori, sottintendendo che sono un lusso a cui si può rinunciare. Intanto abbiamo visto che non si tratta di rinunciare ai condizionatori ma ad una parte essenziale del rifornimento energetico della nazione, con conseguenze evidentemente gravissime. Queste cose accadono quando si è in guerra, ed in effetti ci si vuole chiedere appunto di fare la guerra (economica) accettando conseguenze molto gravi che vengono rappresentate ingannevolmente come piccole rinunce.

Aggiungerei peraltro che anche i condizionatori non sono un lusso ma in molti casi sono necessari. In un palazzo uffici moderno d'estate non è possibile stare senza condizionamento, tra l'altro spesso non è neanche possibile aprire le finestre. E poi ci sono gli ospedali e le residenze di chi corre rischi sanitari quando le temperature sono troppo elevate. Il caldo uccide i malati e gli anziani.

In conclusione, se traduciamo la frase nel suo significato vero, ci si sta chiedendo: "Vogliamo o no fare la guerra, accettando tutte le gravi conseguenze che ne derivano?"

Quando ho sentito la frase originale, mi è venuta in mente quello che si attribuisce alla regina di Francia Maria Antonietta, consorte di Luigi XVI, alla vigilia della Rivoluzione Francese:"Il popolo è senza pane? Che mangino brioches". Il parallelo riguarda i condizionatori (le brioches) rispetto al fabbisogno energetico della nazione (il pane).

Quello che trovo inaccettabile è l'atteggiamento sprezzante di chi si serve di artifici retorici che sconfinano in una vera e propria falsità. Il capo del governo di un paese democratico ha il dovere morale di dire la verità ai cittadini, non pronunciare frasi ad effetto che mostrano un sostanziale disprezzo per l'ascoltatore. Ad esempio dicendo:"Dobbiamo fare gravi sacrifici per combattere a fianco dell'Ucraina, siete pronti a farlo?".

In democrazia la risposta a questo tipo di domanda spetta almeno idealmente ai cittadini, che devono essere correttamente informati su quale sia la scelta da fare. Formalmente, nella Repubblica Italiana spetta al Parlamento, in quanto esso rappresenta i cittadini, ma non ci si può esimere dall'informarli in modo adeguato.

Insomma, siamo di fronte a pura propaganda, perché non è pensabile che il presidente del Consiglio non conosca i veri termini della questione. Siamo disprezzati e sbeffeggiati.

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La mia risposta: fare la pace non è fare la guerra

Ora che ho tradotto la domanda nei termini corretti, separatamente do la mia risposta: no, per ottenere la pace la via non è aggravare la guerra.

Ci si propone costantemente di alzare il livello dello scontro, dando più armi all'Ucraina e introducendo sempre nuove sanzioni. Questo significa mirare alla sconfitta totale della Russia, un obiettivo di guerra. La pace sarebbe la conseguenza della resa della Russia, che è il vero scopo di queste azioni.

La mia posizione è che la pace si deve cercare attraverso un negoziato serio, che tenga conto anche del punto di vista russo. Alzare il livello dello scontro comporta un prolungamento delle ostilità attive, con ciò che ne consegue per la popolazione ucraina e per il mondo. Si aggiunge il rischio concreto di una guerra aperta tra NATO e Russia, che comporterebbe una tragedia immane per il mondo intero, mettendo in pericolo l'umanità stessa.

Il presidente Putin è stato demonizzato e chiamato criminale, ma non lo è né più né meno di tutti i leader che hanno iniziato guerre, lista che include molti presidenti americani e loro alleati, inclusi alcuni capi del governo italiani. Ad esempio, si veda quest'analisi della guerra del Kosovo. Se si vuole la pace, occorre scendere a patti con la Russia che abbiamo di fronte. L'alternativa non è volere la pace ma la guerra totale, che mira per definizione alla sottomissione completa del nemico (si veda "Della guerra" di Karl von Clausewitz).

In effetti gli Stati Uniti d'America concepiscono le guerre sempre come totali, indicando, propagandisticamente, il nemico del momento come un criminale da distruggere. L'alleato del momento, o l'America stessa, invece, può compiere le azioni più terribili, ma non è criminale. Infatti gli USA non hanno mai aderito al Tribunale Internazionale per i crimini di guerra - altrimenti potrebbero essere giudicati. Non è passato molto tempo da quando hanno abbandonato l'Afghanistan dopo averlo invaso e tenuto sotto occupazione per vent'anni, salvo poi fuggire lasciandolo ai "criminali" di prima, con cui hanno fatto pure un accordo. Tutti dovrebbero ricordare che durante l'invasione erano frequenti le stragi di civili dovute a bombardamenti indiscriminati, e che ne sono seguiti vent'anni di guerriglia, conclusisi appunto con la restituzione del paese al regime originario che si voleva abbattere.

In effetti America ed alleati hanno causato o tentato di causare in questi anni il collasso di vari regimi, sempre definiti come criminali al momento, lasciando ogni volta un paese distrutto e in preda al caos. Ma la Russia non è la Somalia, l'Afghanistan, l'Iraq, la Libia o la Siria. La Serbia non è in preda al caos, ma invito a leggersi quello che scrivevo allora, tutto reperibile dalla pagina sulle guerre in Europa. La Serbia, alla fine, si è arresa prima di essere completamente distrutta, accettando tutte le imposizioni che le venivano fatte.

La ricerca della vittoria totale sulla Russia comporta il rischio di una escalation nucleare, dato che parliamo pur sempre della seconda potenza nucleare al mondo. Altro che disagi, c'è il rischio reale della fine del mondo come lo conosciamo.

Se anche tutto andasse come vorrebbe chi persegue la guerra totale, con la caduta dell'attuale regime russo, si correrebbe il rischio della disintegrazione della Federazione Russa, che è sempre il paese più vasto del mondo oltre che appunto la seconda potenza nucleare. Questo precipiterebbe nel caos mezzo continente - e in che mani cadrebbero allora le armi nucleari, se anche per somma fortuna di tutti non fossero state usate?

L'alternativa c'è ed è una mediazione seria sostenuta da terze parti credibili. Stati Uniti d'America ed Europa (NATO e UE) non sono terze parti perché partecipano alle ostilità fornendo armi e conducendo la guerra economica, oltre che a parole insultando e minacciando. Quindi non possono svolgere alcun ruolo pacificatore. Questo è un'esito triste per un'istituzione come l'Unione Europea che ha nelle proprie radici lo scopo di mantenere la pace.

In sintesi, non si fa la pace facendo la guerra. Per fermare le ostilità occorre essere credibili verso entrambi i contendenti, quindi USA, NATO, UE non possono più avere un ruolo di pace ma soltanto di guerra: alimentare le ostilità fino alla vittoria della propria parte.

In conclusione, vogliamo la guerra totale o la ricerca di una fine negoziata del conflitto? Io sono per la seconda soluzione, chi legge ci ragioni e valuti quale possa essere la sua.

Alberto Cavallo - 24 aprile 2022


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