Uranio ed altri agenti inquinanti


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Per saperne di più sull'uranio impoverito

La questione emerge

Durante la guerra del Kosovo, gli oppositori dell'intervento non esitarono a denunciare l'uso di armi e di tattiche assolutamente non consone allo scopo, dichiarato umanitario, di quell'azione militare. Tra queste, l'uso di munizionamenti a base di uranio impoverito ma anche le azioni di bombardamento su impianti chimici e petrolchimici, nonché l'uso delle bombe a grappolo (cluster bombs).

In questi giorni la questione dell'uranio impoverito è emersa prepotentemente anche sui media ufficiali. Sono segnalati parecchi casi di soldati italiani che hanno contratto forme di cancro ipoteticamente riconducibili alla contaminazione da uranio impoverito, o forse ad altri tipi di contaminazione ancora non chiari. Il 22 dicembre 2000 il ministro della Difesa italiano, Mattarella, ha dichiarato che il governo italiano non aveva mai ricevuto informazione da parte della NATO sull'uso di munizioni all'uranio nella guerra del Kosovo. La posizione del governo rimane vaga e prudente ancor oggi: sostanzialmente, si afferma che la NATO non ha mai dato informazioni precise e che sono necessarie indagini, sia per stabilire quale sia stato l'uso effettivo di tali munizioni in Kosovo sia per comprendere meglio se esista un legame tra l'uranio impoverito ed i casi di leucemia.

Non è mai bello dire "ve l'avevamo detto", ma invito alla lettura del bilancio della guerra da me scritto il 6 giugno 1999.
 

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L'Italia non sapeva?

Visto che l'atteggiamento del governo italiano consiste sostanzialmente nel dire di non essere stato adeguatamente informato, è necessario affrontare di petto la questione dell'informazione.

Prima di tutto, è certo che l'opinione pubblica italiana sapeva ben poco sul tipo di armi usate e sul modo in cui realmente veniva condotta la guerra. Come nel caso della Guerra del Golfo, è stata impedita un'effettiva informazione sul reale andamento delle operazioni: tutto quello che si veniva a sapere era filtrato dagli apparati militari NATO, che rilasciavano soltanto le informazioni che facevano loro comodo. Televisioni e giornali non facevano altro che suonare la grancassa della propaganda NATO: le uniche eccezioni erano rappresentate da organi di opposizione fortemente minoritari, movimenti per la pace e dal Vaticano. La prepotenza della propaganda della NATO fu tale che persino la voce del Papa, tanto ossequiato in quest'anno giubilare, ricevette allora ben scarsa attenzione.

Essendomi interessato in passato di aviazione militare, personalmente sapevo benissimo che gli aerei anticarro A-10 sono dotati di un cannone da 30 mm che spara munizioni perforanti all'uranio impoverito. Quest'informazione è di dominio pubblico da molto tempo ed è stata pubblicata su innumerevoli riviste e libri sull'aviazione militare. Si tratta di pubblicazioni note non soltanto agli esperti ma a tutti gli appassionati del tema, e quindi è possibile che il ministro della difesa italiano dichiari che il suo governo non era al corrente dell'uso di munizioni all'uranio, quando qualunque ragazzino appassionato di aerei era in grado di dirgli che si tratta di munizioni standard dell'aereo anticarro standard americano? Il governo italiano, in mancanza di informazioni ufficiali, avrebbe dovuto chiederle formalmente.

La verità è che tutti gli oppositori della guerra segnalarono il problema fin dall'inizio. Ma gli oppositori della guerra del Kosovo, secondo i media ufficiali, erano tutti anime belle, agenti del KGB (esisteva ancora?) o pericolosi comunisti. Mi domando a quale delle tre categorie appartengano il Papa e Henry Kissinger, che alla guerra si opposero entrambi, per motivi diversi.

Ma dobbiamo chiederci, soprattutto, come sia ammissibile che l'Italia sia stata coinvolta in un conflitto armato, senza che il suo governo fosse informato ufficialmente su questioni fondamentali come l'uso di munizioni radioattive. La NATO si è comportata nei confronti dell'Italia come un supergoverno, che può permettersi di agire a proprio piacimento informando i rappresentanti dello Stato italiano solo se e quando essa stessa lo ritenesse opportuno.

I rappresentanti, più o meno democraticamente nominati, della Repubblica Italiana asseriscono essi stessi di non aver ricevuto dalla NATO informazioni essenziali su una guerra a cui l'Italia stessa ha partecipato. Ora parlano di commissioni d'inchiesta per accertare i fatti: quali armi sono state impiegate, quali sono i pericoli per i militari italiani impegnati laggiù in missione (autentica, questa volta) di pace. Voglio far riflettere, in conclusione, su questi punti:

  1. L'Italia è stata trattata come nazione suddita, non come un alleato;
  2. I governanti italiani hanno acconsentito di partecipare alla guerra pur essendo coscienti di non essere correttamente informati;
  3. La guerra del Kosovo era illegale da tutti i punti di vista.
Chiediamoci, quindi, se i membri del governo italiano di allora non abbiano violato il giuramento di fedeltà alla Repubblica ed alla Costituzione. Quel giuramento ha un aspetto morale, prima che giuridico: come esseri umani, come persone morali, possiamo dire che l'hanno rispettato?
 

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Democrazia e guerra

Nel suo breve ma fondamentale saggio Per la pace perpetua, Immanuel Kant spiega come l'abolizione della guerra si possa ottenere attraverso la democratizzazione del mondo. Uno Stato democratico, infatti, difficilmente può condurre guerre di aggressione, perché la maggioranza della gente si opporrebbe e, in condizioni di democrazia, fermerebbe l'iniziativa bellica.

Abbiamo visto questo meccanismo nel caso della guerra del Viet Nam: l'opposizione alla guerra da parte dell'opinione pubblica costrinse gli USA a ritirarsi. Purtroppo, da allora i gruppi dominanti degli Stati Uniti hanno lavorato per riacquistare libertà d'azione, a spese della democrazia. L'arma fondamentale contro l'opposizione democratica, individuata dai militaristi, è il blocco dell'informazione. I cittadini non si oppongono ad un'iniziativa militare se non sono informati su quanto accade realmente: è sufficiente convincerli che non si tratta di una guerra aggressiva ma di un'operazione di polizia contro un bieco dittatore, un criminale internazionale. Tutti gli altri aspetti della guerra, in particolare le sue conseguenze per la popolazione civile del Paese aggredito, sono minimizzati. Della guerra del Viet Nam, tutti ricordano la foto di una bambina che corre nuda, il corpo orrendamente ustionato dal napalm. Nessuno ha visto fotografie di bambini serbi straziati dalle bombe della NATO, però tutti hanno visto i profughi albanesi e ascoltato racconti di atrocità dei serbi, raramente o mai sottoposti a verifica. Non sto negando le atrocità delle milizie serbe, sto solo dicendo che i resoconti erano a senso unico: non vi ricordate che se si trovava un cadavere in Kosovo, era considerato sicuramente un civile albanese vittima dei serbi? Avete visto immagini dei campi profughi dei serbi fuggiti dal Kosovo? Eppure ci sono anche quelli.

E quanti badano a quello che avviene in Iraq? Uno Stato costantemente sotto embargo e costantemente sottoposto ad attacchi aerei.  Più di un milione di morti per mancanza di medicine ed assistenza medica; non si sa quanti contaminati dagli agenti chimici e radioattivi liberati nel corso della guerra. Certamente furono impiegate tonnellate di uranio impoverito, tra l'altro. Fu un'azione di polizia contro il malvagio dittatore Saddam Hussein o piuttosto un'azione volta ad assicurare agli USA il controllo militare del Golfo Persico e quindi della maggior parte delle riserve di petrolio del mondo? Anche qui, sono costretto a ribadire che non difendo in alcun modo Saddam Hussein, uno dei tiranni più odiosi di cui si sappia. Ma Saddam è ancora al potere, mentre milioni di innocenti soffrono più di prima, come conseguenza della politica dei Paesi occidentali.

Ora accade che alcuni soldati, di ritorno dalla Jugoslavia o ex tale, muoiano di leucemia. Ci si accorge all'improvviso che in quelle azioni di guerra umanitaria furono impiegati agenti tossici e radioattivi. Chi denunciava questo semplice fatto come evidente contraddizione rispetto agli scopi dichiarati delle azioni militari, era considerato un pacifista ingenuo o un agente del nemico. E dire che decine, forse centinaia di migliaia di reduci del Golfo hanno subito conseguenze sanitarie terrificanti: cancro, immunodeficienze, nascita di bambini malformati. Che cosa ci possiamo aspettare dalla Jugoslavia? Chi ha controllato che cosa accadeva?

E' molto semplice: la democrazia, in tutti i Paesi occidentali, è in decadenza. La prima arma contro di essa è la soppressione di fatto della libertà di informazione: chi non sa non si indigna, non si oppone. La figura del corrispondente di guerra è stata abolita, ora ci sono le conferenze stampa in cui generali e dirigenti civili della NATO o del Pentagono propinano grandi quantità di informazioni accuratamente selezionate e complete di interpretazione precotta. Vedere la storia delle bombe sul treno. Chi si informa solamente attraverso i grandi giornali e le televisioni vive letteralmente in un mondo virtuale, confezionato su misura da chi controlla tali mezzi: come tutti sanno, la proprietà dei giornali e delle TV è concentrata in poche mani.

La democrazia sta morendo soffocata, per la stretta sempre più forte esercitata da gruppi di potere sulla libertà d'informazione. Oggi abbiamo ancora una certa libertà su Internet, ma per quanto?

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Non solo i militari, non solo l'uranio

L'attenzione dei media si concentra oggi sull'uranio impoverito e sui casi di leucemia tra i militari impegnati in Jugoslavia. Ma si tratta solo di un aspetto, forse neppure del più grave, delle conseguenze ambientali delle varie guerre della Jugoslavia.

Durante la guerra del Kosovo, ci sono stati ripetuti attacchi ad impianti industriali dedicati a processi chimici. Non circolano notizie su indagini a proposito dell'inquinamento di aria, acque e terreno causati da tali bombardamenti. Sostanze altamente pericolose sono state liberate nell'ambiente. Possiamo ritenere che tra qualche tempo cominceranno a giungere notizie su strani disturbi accusati dalla popolazione di quelle regioni, per giungere a nascite di bambini malformati, anomali incrementi di certi tipi di tumore e così via. Per ora il governo jugoslavo, che cerca soltanto di ottenere l'approvazione dell'Occidente, non se ne interessa.

E la popolazione del Kosovo? Se ci sono rischi per i militari, siamo certi che non ce ne siano per la popolazione? Le notizie che arrivano dall'Iraq sono inquietanti: sembra che ci siano stati forti incrementi dell'incidenza di certi tipi di tumori. Ma è pressoché impossibile avere informazioni precise, tra le opposte propagande e le censure.

L'unica notizia affidabile, diffusa anche dai media ufficiali, riguarda i soldati ritornati dal Golfo Persico. Si tratta di decine di migliaia di casi gravissimi, per i quali sono in corso anche cause giudiziarie negli USA ed in Gran Bretagna. Ma se i figli dei militari americani nascono malformati, che cosa starà accadendo ai figli degli iracheni? E che cosa sta accadendo ed accadrà ai serbi, ed ai cossovari albanesi che la NATO pretendeva di voler difendere?

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Che cosa si dovrebbe fare

Prima di tutto, bisogna avere sempre il coraggio di diffondere le informazioni di cui si è a conoscenza e le proprie opinioni. Nessun sistema politico può esistere senza consenso, neppure le dittature. Certo, non mi aspettavo, anche sono una decina d'anni fa, che un giorno sarei stato sinceramente preoccupato per la libertà di stampa e di opinione in Occidente. La guerra del Kosovo è sata l'ultima goccia, mi ha fatto toccare con mano come oggi sia possibile scatenare una guerra manipolando il consenso dell'opinione pubblica.

La difesa dei diritti umani basilari resta sempre al primo posto, e la libertà di parola e di espressione è alla base di tutte le altre. Non usarla equivale ad accettare di perderla.

Per quanto riguarda le conseguenze ambientali delle guerre, in Jugoslavia ma non soltanto laggiù, occorre chiedere che siano organizzate inchieste con tutti i necessari requisiti di obiettività e trasparenza. La NATO e le autorità militari dei Paesi che hanno partecipato ai combattimenti (nessuno escluso, naturalmente) devono essere considerate parte in causa e potenziali imputati di un procedimento per violazione dei trattati internazionali sulla protezione della popolazione civile in caso di guerra e per crimini contro l'umanità. La soluzione ottimale sarebbe un'inchiesta (un'inchiesta, non soltanto una commissione d'inchiesta) indetta dall'ONU con garanzia di pubblicità dei risultati: come gli atti parlamentari, i risultati dovrebbero essere pubblicati senza restrizioni, anche su Internet. I partecipanti dovrebbero essere esperti di chiara fama provenienti da Paesi estranei ai fatti, tanto per non fare nomi porto ad esempio la Svezia.

Sono sicuro che questo non avverrà, perché i risultati dell'inchiesta rischierebbero di svelare retroscena inconfessabili e di mostrare una volta per tutte che l'imperatore è nudo, come nella favola.

Tutti coloro che hanno a cuore la sorte di migliaia, forse milioni di persone a noi anche geograficamente vicine, devono comunque esercitare pressione con tutti i mezzi a loro disposizione affinché la questione non sia insabbiata. Questa pagina web è un mio modesto contributo.
 

Alberto Cavallo, 3 gennaio 2001
 

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