BUONI MOTIVI PER NON FARE LA GUERRA



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Pagina pubblicata il 6 marzo 2003.

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Alla pagina indice sulla politica internazionale

La guerra si avvicina? Sì ma...

Gli Stati Uniti d'America, accompagnati da una Gran Bretagna che dà qualche lieve segno di cedimento, proseguono imperterriti la preparazione dell'attacco all'Iraq. Ogni giorno giunge notizia della partenza di truppe, navi ed aerei verso la zona di guerra. Ed ogni giorno aerei americani bombardano postazioni difensive irachene nelle cosiddette "zone di non volo".

Il fronte contrario alla guerra si sta però rafforzando. Le manifestazioni del 15 febbraio in simultanea nel mondo intero sono state un evento storico, mai si era dimostrato così chiaramente che la vera globalizzazione è quella dei popoli, non quella della finanza. Ieri abbiamo potuto vedere al TG5 le immagini dei ministri degli esteri di Russia, Francia e Germania che esprimevano in conferenza stampa congiunta la loro contrarietà ad una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU che possa fornire un avallo ad un'azione militare. Il Papa è impegnato strenuamente nell'azione pastorale e diplomatica, come non si era mai visto in occasioni precedenti; in questi giorni il cardinale Pio Laghi è andato a Washington a portare un suo messaggio personale al presidente americano. L'invito al digiuno per la pace in occasione del mercoledì delle ceneri ha destato grande sensazione e approvazione generale anche tra i non credenti. E' chiaro che i motivi di Giovanni Paolo II non sono gli stessi di Putin, Chirac e Schroeder, tuttavia oggi importa che il fronte contrario alla guerra si rafforzi ed opponga un'azione di contrasto alla pervicacia dell'amministrazione Bush che vuole la guerra ad ogni costo.

La mancata approvazione, da parte del parlamento turco, sabato scorso, della concessione del permesso di transito sul territorio della Turchia alle truppe americane è una straordinaria vittoria della democrazia, avvenuta proprio in un paese le cui credenziali non sono immacolate.

CI sono sempre fondati motivi per credere che gli Stati Uniti possano attaccare comunque, infischiandosene di Vaticano, ONU, Russia, Francia, Garmania e miliardi di persone che non vogliono la guerra. Ma la speranza è più forte ora, che sia possibile fermarli.

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La guerra è orrida cosa, ma dopo sarà peggio

Nell'articolo del 7 settembre scorso ho esposto le mie considerazioni su questa guerra, e non cambierei una virgola di quanto scrissi allora. In realtà, nulla è cambiato, tranne lo stato dei preparativi americani e dell'azione contraria degli oppositori. Non mi pare possibile dire granché di nuovo, consiglio semmai di visitare i siti di informazione alternativa che ho listato nella homepage del sito e nella pagina generale sulla guerra.

Voglio però sottolineare ancora una volta che il motivo principale per non fare la guerra è che guerra significa sofferenza e morte, soprattutto per persone innocenti, che non hanno nessuna responsabilità per le azioni dei rispettivi governi, tantomeno di organizzazioni terroristiche o entità economiche.E non mi riferisco soltanto ai ferimenti ed alle uccisioni provocate direttamente dalle armi, o indirettamente da sostanze pericolose sparse in giro per effetto delle azioni militari, ad esempio l'uranio impoverito contenuto in tanti tipi di proiettili delle forze armate americane. La strategia bellica attuale del Pentagono prevede che la nazione nemica sia indotta ad arrendersi attraverso la distruzione sistematica delle sue infrastrutture civili, com'è avvenuto nel caso della Jugoslavia pochi anni fa. Questo metodo consente di minimizzare le perdite americane; parallelamente si cerca di non eccedere con le vittime civili, dimenticando che la distruzione, ad esempio, di una fabbrica riduce sul lastrico migliaia di persone per anni, in un paese già in grave crisi. La Serbia è ancor oggi in condizioni disastrose, ben poco è stato ricostruito. L'Iraq, dopo la guerra del Golfo e dodici anni di embargo, è una nazione derelitta, affamata, dove milioni di persone vivono in condizioni disperate.

E l'Afghanistan? Oggi possiamo dire che gli afghani stavano meglio sotto i talebani. Tutte le speranze che io stesso avevo formulato sono andate in fumo. L'Afghanistan è un non-stato, in cui il potere è detenuto dai capi delle diverse milizie locali, liberi di opprimere le rispettive popolazioni senza alcuna remora. Il presidente Karzai è sì e no una specie di sindaco di Kabul, ancora vivo soltanto perché ha una scorta di marines.

La guerra è da evitare in quanto male in sé e causa di mali. So perfettamente che i sostenitori dell'attacco all'Iraq amano fare il paragone con la Germania degli anni Trenta del secolo scorso, Saddam come Hitler. Il paragone è completamente sbagliato. Hitler doveva e poteva essere fermato al momento in cui cominciò a violare trattati ed attaccare i vicini. Saddam Hussein è stato incoraggiato ed abbondantemente armato affinché attaccasse l'Iran khomeinista. Poi l'Iraq è stato sconfitto nella guerra del Golfo, disarmato e ridotto in miseria. Oggi non è un pericolo per nessuno.

Ancor più della guerra c'è da temere quello che verrà, no anzi verrebbe, dopo. Come abbiamo visto, i precedenti sono tutti disastrosi, e la situazione dell'Iraq è terrificante: non esiste l'ombra di un possibile assetto postbellico che consenta la ricostruzione e la convivenza pacifica di quelle popolazioni martoriate. Per varie ragioni politiche e geopolitiche non si può spartire l'Iraq su base etnica, come si è fatto con la Jugoslavia, peraltro con pessimi risultati e una situazione ancora incerta ed esplosiva, né si può trovare un governo, un leader per un Iraq unito e pacifico. Uno stato curdo al nord destabilizzerebbe la Turchia, uno stato sciita al sud sarebbe certo antioccidentale, gli oppositori di Saddam Hussein sono tutti improponibili, almeno quelli presi in considerazione in occidente (si vedano ad esempio gli articoli L'Iraq non esiste di Salim Matar e Gli uomini che vorrebbero farsi Ra'is di Giovanni Maria del Re su Limes 1-2003). Tanto che a Washington si prende in considerazione l'ipotesi di installare un governatorato militare americano...

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L'Impero

Oggi chi vuole muovere guerra al mondo intero è l'America di Bush, pressata dalla crisi della sua produzione petrolifera interna, dalla crisi economica, dalla stolida pervicacia di chi vuole continuare ad applicare un modello sociale ed economico in decadenza, continuando a consumare il 40% del petrolio mondiale con il 5% della popolazione, rifiutando qualsiasi politica di difesa dell'ambiente (vedi accordi di Kyoto). Un pericolo per il mondo c'è, è gravissimo, è l'America del petroliere texano George W. Bush e della sua cricca. Il popolo americano è la sua prima vittima, del resto non l'hanno nemmeno votato in maggioranza, ha vinto le elezioni in modo alquanto strano. Soltanto il monopolio dei mezzi di comunicazione da parte di pochi personaggi, come il famigerato Murdoch, la cui Fox TV sparge propaganda odiosa purtroppo largamente seguita dal pubblico americano, consente a questo governo di godere di un certo sostegno dell'opinione pubblica disinformata. La prassi della guerra preventiva è assolutamente inaccettabile, equivale ad esempio, ad incarcerare qualcuno perché si ritiene che un giorno possa commettere un delitto. Apre la via a qualsiasi abuso. Esiste ancora l'ONU, la cui Carta costitutiva chiarisce perfettamente in quali circostanze l'intervento armato è ammissibile. L'ONU fu creata appunto, anche per evitare l'avvento di nuovi Hitler. Non c'è nulla da cambiare o da inventare.

Non nascondiamoci dietro un dito: Bush ha dichiarato che il suo scopo è sostituire l'attuale governo dell'Iraq con uno di suo gradimento, eventualmente con un governatore americano. Bush ha dunque ammesso di voler fare una guerra di conquista. Come Cesare nelle Gallie. La Repubblica che diventa Impero, è un riferimento preciso. Da una delle capitali imperiali, Hollywood, hanno cercato di spiegarcelo anche con i film di fantascienza, come Guerre Stellari.

L'accusa di antiamericanismo che mi sto sicuramente attirando è uno degli argomenti più falsi e odiosi usati dai sostenitori della guerra. Io sono contro la politica imperiale di Bush e di un certo establishment americano, sono anche contro il neoliberismo che sta devastando il mondo dal punto di vista sociale ed ambientale. Non so che cosa voglia dire essere antiamericano. Internet è una gran cosa ed è un'invenzione americana, io amo l'America come nazione tesa verso il futuro, visceralmente amante della libertà, centro della ricerca scientifica mondiale. Questo sito contiene parecchi link alla NASA, istituzione oggi in crisi perché le vengono sottratti fondi da un governo che non ama la ricerca se non è diretta a scopi militari. Se la tragedia del Columbia potesse far capire che l'America può essere nazione guida del mondo quando si impegna in imprese pacifiche! La distruzione di una vecchia navetta che volava da ventidue anni è il simbolo di un futuro rubato, la possibile fine del sogno di Neil Armstrong che sulla Luna disse: "Siamo venuti in pace per tutta l'umanità". Con quel che costa il sistema bellico americano si potrebbe andare non solo sulla Luna e su Marte, si andrebbe pure su Giove come in 2001 Odissea nello spazio di Kubrick Certo, nel film si vedevano basi sulla Luna e voli su Giove per l'inizio del XXI secolo; ora ci siamo e abbiamo vecchie carrette, progettate più o meno al tempo del film, che esplodono in aria.

L'America che amo non è quella che risolve i problemi con le bombe, ma quella che un tempo ha guidato l'umanità in imprese straordinarie. Voglio credere che non sia morta.

Alberto Cavallo, 6 marzo 2003

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